La tradizione ceramica di Civita Castellana ha origini molte antiche ed è legata alla grande disponibilità di materie prime nel territorio, ricco di giacimenti di argille. I primi manufatti ceramici sono risalenti al Neolitico, quando la frequentazione del territorio ha riscontro nell’individuazione di ripari in grotta noti come “cavernette falische”. Nel Bronzo Medio e Finale, una considerevole presenza di materiale ceramico è documentata sull’altura del Vignale, tuttavia è dall’Età del Ferro che è attestata la produzione legata all’antica Falerii, come testimoniato dai corredi funerari rinvenuti all’interno delle sepolture.
A partire dalla prima metà del VII secolo a.C., la Città aveva ormai raggiunto un’autonomia nella produzione locale, caratterizzata da vasi ad impasto destinati al banchetto, con un ricco assortimento di tecniche e forme ispirate al repertorio orientalizzante e greco-orientale: la produzione di questo periodo è caratterizzata da piattelli, olle, anforette decorate con motivi geometrici o con motivi tipici falisci, come pesci, uccelli, cavalli.
Kantharos, ceramica d’impasto graffita. VII sec. a.C.
Nel VI secolo a.C., i corredi funerari rivelano i primi contatti con le aree circostanti, in particolare con la zona etrusca, determinando una produzione di vasellame locale di bucchero e importazioni etrusco-corinzie. Non manca in questo periodo, e per tutto il V secolo a.C., il commercio con la Grecia, da cui deriveranno le importazioni di ceramica attica, prima a figure nere e successivamente rosse.
Il culmine della produzione falisca è collocabile tra il IV secolo e il III secolo a.C.: i reperti archeologici di questo periodo attestano infatti un’intensa attività di ceramografi di altissima qualità, caratterizzata da ceramica a figure rosse, ceramica sovradipinta, ceramica a vernice nera.
Nel 241 a.C. Falerii fu distrutta dai Romani, tuttavia è possibile pensare ad una ininterrotta continuità della produzione ceramica, dal momento che la popolazione continuò a sopravvivere in un sito poco distante, Falerii Novi.
Cratere dell’Aurora, capolavoro dell’arte falisca. IV sec. a.C. (riproduzione realizzata da Vincenzo Dobboloni)
La produzione medievale è nota solo attraverso rari e talvolta casuali ritrovamenti di frammenti ceramici che documentano, ad esempio, la produzione di olle in ceramica da fuoco e di brocche in ceramica acroma.
Nel periodo rinascimentale, di cui è magnifica testimonianza il Forte Sangallo, la produzione della ceramica conosce una ritrovata vitalità. Si fa risalire proprio a questa fase un gruppo di ceramiche, conservate nei depositi del Museo dell’Agro Falisco, recuperate durante lo svuotamento di una grande cisterna posta all’interno del cortile maggiore.
Il materiale che si colloca tra XV e XVI secolo, è costituito in gran parte da boccali, ciotole e piatti rivestiti di smalto; la bellezza di alcuni esemplari testimonia l’importanza della committenza e la ricchezza delle mense signorili di quel periodo.
Anche le fonti tornano a parlare dell’attività ceramica a Civita Castellana. La prima testimonianza ufficiale risale al 1566, quando nello Statuto municipale viene citata la Corporazione dei Vascellari, che riuniva coloro che lavoravano l’argilla per produrre vasi e utensili.
La ceramica moderna prese avvio nel 1792, quando la Reverenda Camera Apostolica concesse ai fratelli Francesco e Giuseppe Antonino Mizelli e al loro socio Giuseppe Valadier il diritto “di poter scavare la Terra” in perpetuo nei territori di Civita Castellana, Sutri, Ponzano, S. Oreste e Fabrica, e una privativa per la produzione di terraglia “all’uso inglese” per venti anni.
Dopo eventi luttuosi e contenziosi tra i soci, nel 1906 la concessione passò, per diciotto anni, a Francesco Coramusi, che nel 1810, in occasione di un’esposizione tenutasi a Roma in onore di Napoleone I, ottenne una medaglia d’argento presentando “vasi grandi e vasellame di terraglia”.
Gruppo neoclassico in terraglia smaltata. Fabbrica Treia, 1810 – 1830
Con la cessazione del diritto di privativa, a partire dagli anni Trenta dell’Ottocento nacquero a Civita Castellana altre manifatture e piccole fabbriche che realizzavano prodotti artistici, come l’impresa dei Fratelli Cassieri, gli opifici Tomassoni e Brunelli.
Nei primi decenni del XX secolo, la Città, che si era fino ad allora distinta per la produzione di ceramiche artistiche, convertì la produzione nel settore degli articoli igienico-sanitari, che, seppur in serie, manteneva ancora tratti artigianali.
Modello di sanitario creato per la Fiera Campionaria di Milano del 1937. Sbordoni Ceramiche, pezzo unico
Nelle fabbriche operavano molte figure professionali: i foggiatori, che realizzavano interamente a mano il pezzo da cuocere, i fornaciari, responsabili della cottura, i chimici, addetti agli impasti.
Molte erano le donne decoratrici impiegate nei laboratori di ceramica artistica.
Fruttiera – Crespina. Maioliche d’Arte Antonio Coramusi e figlio, 1930 circa
In quegli anni, una figura di spicco nell’industria ceramica locale è stato Casimiro Marcantoni, primo imprenditore di Civita Castellana: nel 1909 era socio e direttore dei due maggiori impianti della città, Fabbriche Riunite per la Ceramica e Cooperativa Ceramisti; quest’ultima nel 1926 divenne la Ceramica Marcantoni, famosa per la qualità dei prodotti e per la versatilità nella produzione.
La fabbrica chiuse i battenti nel 1961, ma le sue due ciminiere segnano ancora il paesaggio urbano.
A partire dal secondo dopoguerra e soprattutto negli anni cinquanta, la produzione ceramica fu interessata da radicali trasformazioni tecnologiche: le vecchie fornaci furono rimpiazzate dai forni a tunnel, la foggiatura a mano fu sostituita dalla tecnica del colaggio, nella produzione dei sanitari fu introdotto il vitreous-china.
Oggi, la ceramica civitonica viene prodotta sia nei laboratori artigianali sia in fabbriche specializzate, seguendo una continua evoluzione verso forme, decori e tipologie che rispondono pienamente alle esigenze del mercato attuale.
Cornice con fotoritratto di Casimiro Marcatoni. Ceramica Marcantoni, 1907
Vaso in terraglia. Maioliche Artistiche Italiane Sciarrini e Cirioni (M.A.I.S.C.), 1960 circa