È grazie all’importanza che gli Etruschi attribuivano al culto dei defunti che le necropoli costituiscono oggi le maggiori testimonianze della loro arte, civiltà e produzione ceramica.
Fondamentali sono le testimonianze risalenti alla cultura Villanoviana del X secolo a.C., soprattutto le sepolture che conservano le urne cinerarie in ceramica decorata della prima età del ferro. La produzione artigianale Villanoviana era principalmente riservata a oggetti rituali e funebri e realizzata esclusivamente in impasto, lavorato a mano o al tornio, con decorazioni geometriche incise, graffite o eseguite con l’uso di stampini.
Dalla prima metà del VII secolo a.C., si affermò l’uso dell’impasto rosso sovradipinto con vernice bianca, parallelamente alla tradizione ceramica chiara dipinta in rosso. Nello stesso periodo, compare il bucchero, una ceramica nera lucida, documentata in Etruria a partire del VII secolo a.C. Successivamente, nell’età classica, si ha la nascita della ceramica a figure rosse.
Testimonianze del periodo romano si hanno soprattutto dallo studio della città di Ferento, sito archeologico a 10 km da Viterbo. Tra le produzioni più importanti, si segnala la ceramica “a vernice rossa interna”, prodotta dalla tarda età repubblicana agli inizi del III sec. d.C., che si caratterizza per un rivestimento interno rosso scuro, opaco.
Nel periodo medievale, Viterbo, libero Comune, sotto Federico II conosce un periodo di espansione politica e di rinascita nella produzione ceramica, consistente in vasi in terracotta, come boccali o catini.
Si data al 1240, in occasione di una delle fiere annuali organizzate per agevolare scambi commerciali, il contatto con maestranze arabo-musulmane provenienti dal Meridione d’Italia e portatrici di innovative conoscenze tecniche e varietà decorative.
Panata. Seconda metà XII sec. – primi anni XIII sec.
Al 1251 risale lo Statuto più antico. Prima tra le Città italiane del tempo, Viterbo dispone la regolamentazione di questa importante attività dei ceramisti locali e distingue i lavoranti tra figuli, cioè addetti alla preparazione dell’argilla, e vascellari. Questi ultimi erano coloro che modellavano le forme dei contenitori e i primi a decorarli.
Nei primi anni del Trecento, con l’innovazione tecnologica della trasparenza della vetrina, nascono le prime decorazioni dipinte, eseguite con i colori bruno manganese e verde ramina, che caratterizzano la produzione per tutto il Medioevo fino al primo quarto del XV secolo.
Accanto a figure geometriche, compaiono decorazioni a tralci, foglie d’acanto, palmette e animali. In questi anni, si sviluppa la maiolica arcaica, realizzata con smalto stannifero, un rivestimento impermeabile e brillante che copre di bianco il supporto in terracotta e sul quale le decorazioni acquisiscono evidenza. Questa produzione vede la sua fase più intensa tra XIV e XV secolo, con l’introduzione decorativa di stemmi araldici, di committenza delle locali famiglie aristocratiche.
Sulla fine del ‘200, si assiste all’inserimento del colore giallo “ferraccia”, ispirato alle ceramiche arabe. Due sono i filoni tematici più seguiti: religioso (Agnus Dei e i simboli legati alla passione di Gesù) e profano, quest’ultimo legato anche all’iconografia della donna.
XIII sec.
Tra il XIV e il XVI secolo, la produzione ceramica di rilievo è quella destinata ai contenitori per spezierie e farmacie, dipinti con semplici decorazioni a monogrammi, più ricche nel caso di manufatti da esporre per la vendita. A causa dei numerosi focolai di peste, di cui la peggiore epidemia risale al 1448, la popolazione fu quasi decimata e nello Statuto del 1469 si favoriva l’ingresso in Città di commercianti e artigiani forestieri per far rifiorire l’economia locale.
Dal punto di vista tecnico, si aggiungono nuovi pigmenti: il giallo d’antimonio e il blu di cobalto. L’inizio del XV secolo segna lo sviluppo di due tecniche innovative il “verde a rilievo” e la “Zaffera”.
Da segnalare la decorazione “a foglia di quercia”, utilizzata come elemento riempitivo e di contorno.
Catino in verde a rilievo. Prima metà XV sec.
Boccale in Zaffera. Secondo quarto XVI sec.
Manufatto in Zaffera
Ceramica d’amore. Fine XV sec.
La produzione ceramica del XVII e XVIII secolo conosce un calo di importanza, a favore di alcuni territori della provincia. Nel Settecento, la Città è scelta come mèta da Bartolomeo Terchi (tra i suoi committenti, i Chigi e i Giustiniani), che, con i figli Antonio, Filippo e Angelo Maria, impianta una manifattura di maioliche all’interno delle mura urbane.
Dagli inizi del 1800 e fino ai primi del 1900, laboratori ceramici sono attivi nell’area posta sotto il Colle del Duomo. Nel 1906, fuori Porta Romana, Lorenzo Tedeschi apre una fabbrica per la produzione di stoviglie in ceramica. L’attività, dal 1908 Società Ceramica Viterbese Tedeschi & C., sarà chiusa nel 1968.
Foto: Museo della Ceramica della Tuscia – Fondazione Carivit, Viterbo